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Tessera del tifoso. No al ricatto della passione (C. Zanardi)

05 - 05 - 2010

La lettera che segue, a firma Claudio Mezzadri, è stata tratta dal forum di Parmafans.

Tessera del tifoso. No al ricatto della passione

Amici Crociati,
ieri sera abbiamo parlato, assieme ad alcuni amici, di quella che pare ormai una insanabile frattura tra un certo modo di vivere il calcio, spontaneo, appassionato e disinteressato, e quella che sarà "la nuova frontiera": stadi di proprietà, tifosi che diventano sostanzialmente SOLO clienti, discrezionalità sugli accessi, potere di diffida ANCHE alle società calcistiche, divieto assoluto (di fatto) di manifestare ogni forma di dissenso (vedansi i recenti casi di Doria e Atalanta) contro lo strumento che più di ogni altro ha contribuito a seppellire (per sempre? ) il binomio società - tifo organizzato. La famigerata Tessera del Tifoso. Premetto che non ho mai avuto la tessera dei Boys, non ho sempre condiviso le loro scelte, anzi, ma ho sempre cercato di capire, di immedesimarmi. Devo dire che inizialmente ero certo che, alla fin fine, la tessera (una più, una meno) l'avrei fatta. Alla peggio, mi dicevo, avrò il mio posto allo stadio se le cose cambieranno. Il problema, però, sta proprio in questo: se non faremo qualcosa ORA , se non diremo il nostro NO con forza ad un calcio che ormai è solo BUSINESS, un calcio che ha perso per strada la sua natura primigenia, quella di essere oggetto e veicolo di passione, di comunanza, il NOSTRO calcio, quello che ci ha fatto emozionare, quello per cui ci siamo spesi e abbiamo dilapidato tempo e denaro, ebbene se non ci opporremo, QUEL calcio che abbiamo tanto amato, morirà per sempre.

Non avrei mai creduto di scrivere queste cose, e una parte di me spera ancora nel miracolo (perché di questo ci sarebbe bisogno), ma temo davvero che a 30 anni (era l'80) dall'esordio in curva, sia giunto il momento di dire addio alla mia Squadra, al mio amatissimo Parma.

Non so ancora come farò a rinunciare a quello che per tutto questo tempo è stato il rito domenicale (ultimamente non solo!), il trovarsi con amici di antichissima data, sempre quelli, ora con i capelli grigi; il caffè al bar, le ultime indiscrezioni sulla partita, il percorso, sempre quello, verso lo stadio, la tensione che in certi frangenti si respira ad ogni minuto, il soffrire per un palo, impazzire per il pareggio di Crespo contro la gobba, o per il gol di Barbuti contro la Carrarese, quando è stato bello liberarsi, abbracciandosi ed urlando, perché in quel momento solo quello contava, e solo per quello c'era spazio, nella testa e nel cuore.

Ora pare che tutto questo stia per finire, nel silenzio quasi assoluto qualcuno sta cambiando le carte in tavola.
Finisce non per una tessera, in realtà (una più, una meno..) ma perché fa schifo il calcio dei maxi eventi, delle sponsorizzazioni e dei diritti tv, delle combine più o meno palesi, degli scandali finanziari, delle diffide comminate ai deboli e delle impunità reiterate concesse ai più forti. Fa schifo il calcio delle limitazioni assurde, delle disorganizzazioni organizzate, della tv che governa tutto e a cui tutto si svende, fa schifo il calcio dei grandi club che hanno fagocitato tutto e ancora non sono sazi, il calcio dei commenti a senso unico, del servilismo dilagante, dei calciatori che non sorridono, dei saccenti che si moltiplicano, fa schifo il calcio di chi giudica e critica, con durezza, il ragazzo con la sciarpa, odia la sua libertà, detesta la sua fierezza, fa schifo il calcio di chi lo odia, lo vuole emarginato o omologato e lo giudica, con asprezza, solo perché quel ragazzo non si accomoda, non si siede alla tavola imbandita, non sfila sotto ai riflettori e non si adatta ai tempi televisivi, perché quel ragazzo, che potrei essere io 30 anni fa, non accetta il compromesso, urla e canta solo se lo vuole, senza lo speaker, senza i gingles e i gadgets aziendali, perché quel ragazzo, che potresti essere tu, sacrifica, alla sua passione , ogni volta, una parte di se... ed ogni giorno quella parte si rigenera, sotto una bandiera che ogni Domenica, di nuovo, nonostante tutto, si staglia nel cielo, splende dei suoi colori, a dire a tutti che li, almeno li, sotto a quella stoffa, c'è ancora un cuore che batte forte anche senza le coppe, senza uno sponsor, un cuore che batte senza la diretta e i contributi dallo studio, un cuore che ha imparato a crescere al centro della curva, un cuore che batte più forte quando tutto è più difficile, credendo nell'impresa, l'unica importante, quella che gli basta: leggere la passione, autentica e gratuita, negli occhi di chi, in campo e fuori, lo rappresenta..Quel ragazzo non sarà mai solo "un cliente", IO non sarò mai solo un cliente.
Ma è una battaglia persa. Ed è un vero peccato, che nessuno, tra i tifosi "normali", si ponga almeno il problema.
Guai ai vinti?

Claudio Mezzadri

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