Spaccarotella? Voleva sparare anche a me
27 - 07 - 2009
L'articolo che segue, del 26 luglio 2009, è stato tratto dal sito internet de "Il Tempo".
Parla il padre del giovane tifoso
Omicidio Sandri, il padre:
"Ora sappiamo chi lo ha ucciso"
Giorgio Sandri chiede di fare luce sulla vita privata dell'agente condannato per l'omicidio di Gabbo. L'ex marito della moglie di Spaccarotella: "Voleva sparare anche a me".
Giorgio Sandri chiede di fare luce sulla vita privata dell'agente condannato per l'omicidio di Gabbo. L'ex marito della moglie di Spaccarotella: "Voleva sparare anche a me".
Parla Mattia Lattanzi, 32 anni, padre della piccola N., una delle due bambine della moglie di Spaccarotella, l'agente che ha ucciso Gabbo. Lattanzi in un'intervista a "Visto" dice: "Ho preferito il silenzio finora ma adesso è giusto che tutti sappiano che quell'uomo ha minacciato spesso di ammazzare me e mia madre. In privato mi ha minacciato di spararmi. Sono preoccupato per mia figlia: non è al sicuro". Pronta la replica di Giorgio Sandri.
Che cosa ha provato nel leggere l'intervista a Mattia Lattanzi su Spaccarotella?
«Orrore, sono rimasto letteralmente terrorizzato. Esce fuori la doppia personalità di quell'individuo, che per tutto il processo non ha fatto altro che dire bugie, mentire spudoratamente. In meno di 2 anni ha raccontato 5 diverse versioni sulla dinamica dello sparo che ha tolto la vita a mio figlio. Ha sempre cercato di confondere le idee, di depistare, per passare lui come una vittima....»
Quale sarebbe la doppia personalità dello Spaccarotella?
«Quella che emerge da questo spaccato della sua vita privata. Nessuno prima d'ora ci aveva parlato di come è nella quotidianità l'omicida di Gabriele. Lattanzi lo dipinge come una specie di mitomane, un esaltato dalla pistola facile, una specie di Rambo che sa di essere impunito, diverso da come ad arte si è presentato in pubblico e nelle interviste preconfezionate che ha rilasciato per camuffarsi».
Cioè?
«Uno che minaccia dicendo: "Ti faccio fuori, vengo con la pistola e ti ammazzo te e tua madre. Ti ammazzo, sono un poliziotto e tu un criminale: ti posso sparare". Ecco, da oggi c'è quest'agghiacciante testimonianza sul suo modo di essere, su come ragiona e pensa l'individuo che ha sparato in pieno giorno sull'Autostrada del Sole contro una macchina in movimento uccidendo il mio Gabriele».
Non ha pensato che l'intervista possa essere mossa dal livore di un padre ferito.
«Certamente. Però dobbiamo tenere anche in considerazione che Lattanzi ha fatto delle dichiarazioni fortissime, per certi versi se vogliamo addirittura verosimili con l'azione criminale che hanno raccontato alla Corte d'Assise di Arezzo i testimoni oculari dello sparo dell'11 Novembre 2007. Credo invece che Lattanzi abbia trovato il coraggio di dire quello che forse ad Arezzo altri sanno ma non dicono per timore».
In che senso?
«Chi può impugnare braccia parallele all'asfalto la propria arma d'ordinanza, a gambe divaricate, puntare un auto per 10 secondi e sparare come fosse al poligono di tiro? Chi se non un esaltato? Il signor Lattanzi parla di un soggetto pericolosissimo, di uno che minaccia di uccidere il prossimo perché consapevole di avere dalla sua la pistola. Allora mi chiedo: perché l'omicida non è stato sottoposto a test psico-attitudinali? La pistola è uno strumento di morte non può essere data a chiunque».
Allora perchè Lattanzi non ha denunciato le minacce di Spaccarotella?
«Lo lascia intendere nell'intervista. Probabilmente perché ha paura. Lattanzi fornisce un secondo elemento inquietante. Un suo amico, agente della Polizia, parlandogli dell'omicida di Gabriele, gli ha riferito: "Se ami tua figlia, stai lontano da quello: è un esaltato. Uno di quelli che crede di far tutto con la pistola"».
Eppure ad Arezzo è stata promossa un'azione a sostegno di Spaccarotella.
«Forse perché in questa triste vicenda in molti hanno creduto che sul banco degli imputati ci fosse l'intero corpo della Polizia. Lo abbiamo sempre detto: questo è un processo contro un singolo individuo che si è macchiato di un orribile delitto. Non c'entra la Polizia di Stato come non c'entra il calcio, le curve o il tifo».
Adesso che cosa si sente di dire?
«Mi rivolgo ai mezzi di comunicazione di massa. Ora dico: basta parlare di cose che non c'entrano con la vicenda di mio figlio! Noi ricorreremo in Appello, nel caso poi anche in Cassazione. Spaccarotella non lo mollo. Però si faccia finalmente giornalismo d'inchiesta. I giornalisti si mettano sulle tracce di quanti conoscono o hanno conosciuto l'assassino di mio figlio e raccontino una volta per tutte chi è veramente. La nostra famiglia è stata passata a setaccio. Di noi tutti sanno tutto. Di lui no».