Calciopoli verso l'oblio
30 - 10 - 2009
L'articolo che segue, a firma Malcom Pagani, è stato tratto da Il Fatto Quotidiano del 19 ottobre 2009.
Così torna Calciopoli
Sabbia sulla verità, polvere sulla memoria, discredito sui testimoni. Arbitri e partite, campionati e destini personali. La cupola decideva ogni cosa. Era Calciopoli. Tenne banco per un'intera estate, oscurando anche l'elezione del Presidente della Repubblica. Come già accadde nel 1980, all'epoca del primissimo calcioscommesse gestito da Trinca e Cruciani tra le osterie in faccia al litorale romano e i grandi mercati ortofrutticoli delle arterie periferiche della capitale, per un istante cambiò il volto di ogni cosa. Prime pagine dei giornali, riprovazione generale, promessa eterna di pulizia. La Nazionale staccò il biglietto verso la Germania in un clima da tregenda. Solo una vittoria avrebbe potuto riannodare il filo mai spezzato dei rapporti tra sistema, arbitri e pallone italiano. Arrivò e oggi, a quasi quattro anni di distanza, nel silenzio dei media e nel generale disinteresse del Paese, quello al calcio malato appare alla stregua di un processino, ripreso martedì a Napoli a stretto contatto con l'oblio. Oggi, quel monumento al rinnovamento invocato degrada nella restaurazione.
Davanti al golfo però, all'ombra dei murales scoloriti di Maradona, tra i rancori sordi (il procuratore generale Gargano, proprio l'altro ieri, stigmatizzava il protagonismo dei Pm) e la progressiva emarginazione di Giuseppe Narducci, pubblico ministero per l'accusa (insieme al collega Beatrice, ora trasferito alla Direzione distrettuale Antimafia), l'atmosfera è completamente mutata. Quasi tutti gli arbitri e i designatori coinvolti nell'affaire sono stati reintegrati. Da Pierluigi Pairetto, cooptato tra gli osservatori del comitato arbitri della sua regione, il Piemonte, che ai giovani insegna etica, all'enfant prodige Gianluca Rocchi, premiato nel luglio scorso con il "Mauro", riservato al miglior prodotto della stagione precedente ma nei guai. A Napoli, pesa sul suo futuro una richiesta di condanna a un anno e 4 mesi. Nel primo procedimento contro quello che lui stesso, nella relazione introduttiva all'udienza preliminare, definiva un impalcatura di rapporti e reciproche convenienze simile a Mafia o P2, Narducci era staro duro: "C'è qualcosa che può ricordare i profili di una associazione mafiosa, in cui il vincolo associativo veniva rinsaldato". Oggi, stravolta l'ordinanza del gup De Gregorio, valorizzate le eccezioni della difesa, la voglia di catarsi e stata sopravanzata da urgenze differenti. La presidente del collegio napoletano, Teresa Casoria, ha capelli fulvi, occhiali e un eloquio torrenziale. Con le colleghe che l'accompagnano nella seconda tranche del procedimento (Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi), ha, a più riprese, mostrato fastidio e distacco nei confronti della materia.
Qualche mese fa, mentre si stilava il calendario delle udienze, Casoria si lasciò andare: "Ci sono processi più seri da fare, in questa sezione". Un riflesso che è lo specchio della condizione attuale. In aula si respira disagio, insinuazioni e scherno della corte nei confronti di uno dei teste, Armando Carbone, già protagonista delle combine dell`86, quelle indagate da Marabotto. Sulla Casoria pesa il rischio della ricusazione (già tentata e respinta dal Brescia), della denuncia per abuso d'ufficio o dell'applicazione dell'articolo 124 del codice di procedura penale: provvedimenti disciplinari da parte della Procura generale della Cassazione. Sul processo tutto, l'ombra della prescrizione. Un'onda che in un solo colpo, cancellerebbe colpe accertate. Nel silenzio, tiene banco da mesi il grottesco minuetto delle parti civili. Inizialmente ammesse o escluse a seconda di motivazioni e documentazione dal Gup De Gregorio, poi eliminate per non meglio precisati motivi di "opportunità processuale", le parti si erano rivolte alla Cassazione. Il legale di uno dei soggetti coinvolti, il Brescia calcio, Bruno Catalanutti (già magistrato in trincea ai tempi della Bologna violenta del '77) aveva presentato nell'occasione un memoriale durissimo: "L'ordinanza di esclusione delle parti civili ha provocato una reazione comune di ilarità per la sua surreale comicità e di sdegno per l'arrogante spregio dei diritti dei danneggiati". La ragione, secondo l'avvocato era da ritrovarsi nella forza delle controparti. Realtà temute, gruppi finanziari solidi. Da qui la campana di timore mediatico sulla vicenda "Per l'accondiscendente rispetto nei confronti di soggetti eccellenti quali le proprietà delle società interessate, soprattutto il gruppo Fiat e la Tod's". Parole che avevano centrato l'intento.
Riammesse a luglio dalla terza sezione penale della Cassazione presieduta da Pierluigi Onorato, le stesse parti civili, in quello che Catalanotti definisce un inedito assoluto nella casistica giurisprudenziale, hanno avuto la coda un'inattesa sorpresa. Accade infatti che nonostante il pronunciamento della Cassazione, le parti civili debbano (in una sola settimana) ripresentare ragioni e nessi che dimostrino il reale danneggiamento subito. Secondo il Tribunale di Napoli, della Cassazione non implica né l'automatismo della riammissione, né il nesso causale tra i reati contestati e l'ipotesi di danno subito. In realtà, l'esclusione delle parti civili in corso di causa non ha precedenti.
Il metodo Casoria innova il genere. Il presidente del collegio giudicante ha accolto male il dettame della Cassazione "Obtorto collo". Non è affatto detto che i danneggiati, martedì prossimo, reggano alla neo-inquisizione. Così, alla finestra, rimangono tutti quelli che dal sistema moggiano, avrebbero a pretendere una montagna di denaro. Qualcuno è precipitato in serie B, qualcun altro ha dilapidato patrimoni, altri hanno messo in fila i ricavi non ottenuti a causa dei risultati sportivi aggiustati in sede altre rispetto a quella del campo da gioco. Sulle spoglie dello scandalo che fu, ballano quasi trecento milioni di euro da aggiungere all'ingente danno erariale stimato dalla Corte dei Conti (120 milioni di Euro) perché come scrisse il Viceprocuratore dell'assise laziale Ugo Montella, la vicenda: "Mina alla base la credibilità e la possibilità che il calcio possa essere d'esempio per i giovani".
A pagare il conto, avrebbe dovuto provvedere il gotha delle società coinvolte: Juventus, Lazio e Fiorentina. Contro di loro, una squadra non meno temibile. Oltre a Brescia e Bologna, finite in B a detta degli avvocati: "A seguito degli atti fraudolenti compiuti per pilotare il risultato di alcune gare", la Federcalcio, il Ministero delle politiche giovanili e la Rai. Già perché Calciopoli, né stata anche l'opportunità per alcuni di ascendere a ruoli professionali chiave, grazie ai rapporti personali instaurati dall'allora capo di Rai Sport Ignazio Scardina (rinviato a giudizio) con Luciano Moggi. Telefonate continue, vessazioni arbitrarie, liste di proscrizione unidirezionali. Chi faceva domande, pagava il fio di tanta mal indirizzata curiosità. Scardina e Moggi discutevamo di convocazioni, inviati e "punizioni".
Moggi garantiva sconti sull'auto Fiat che Scardina avrebbe voluto comprare, offriva cene e biglietti aerei omaggio, discettava di cavalli e tra un affare e l'altro, si accaniva con Francesca Sanipoli. La Sanipoli, unica persona fisica (tra le parti civili) ammessa al processo e inviata speciale dal '99, cui in una conversazione del succitato duo, si augura di morire, era "invisa a Moggi". Spediva invano lettere al Cdr Rai e all`Usigrai. Missive alle quali Scardina rispondeva con uno stile proprio. Rassicurante: "Contro la Sanipoli ho scritto una lettera al Direttore e al capo del personale, L'ho mandata a Chievo-Messina, così sta fresca e si (sic) impara a fare le domande stronze".
Il loro protetto era Ciro Venerato, assunto come collaboratore esterno nel 2000 e sodale di entrambi. Quasi un figlioccio per Moggi, cui Venerato si rivolgeva cosi: "Te sei dimenticato de chiamà Scardina". Nella memoria presentata dalla Rai per essere ammessa come parte civile, il giudizio sul binomio e tranchant. Scardina violò tutto lo scibile a partire dalla professionalità. "Rapporti con i clienti", "doveri del personale", "correttezza in caso di conflitto di interessi". Isidoro Venerato, in arte Ciro, non fu da meno. "Onestà e osservanza della legge", "obbligo alla riservatezza", "doveri del personale", "criteri di condotta negli affari". Ad entrambi l'erario dello Stato chiese conto dei danni per milioni di euro. Tutto evaporato. Paletta ha alzato il passaggio a livello, rimesso in moto la locomotiva e superato la frontiera. Consulente a Capodistria, dopo aver tramato per consigliare il proprietario del Bologna Renzo Menarini. Sembra tornato all'epoca d'oro e tra i dirigenti, si fa gara a vantare rapporti di vicinanza con lui. Ciruzzo ha annusato l'aria e si è fatto rivedere. La commissione Rai aveva suggerito di proporre al Direttore generale di disporre nei suoi confronti, l'inibizione dell'affidamento di rapporti di lavoro a qualsivoglia titolo. Da fine agosto, Venerato frequenta assiduamente la sede Rai di Pescara. Pezzi facili, per chi era abituato a dettare legge.