Paolo: lettera dei genitori, silenzio delle istituzioni
17 - 12 - 2009
La lettera che segue, scritta dai genitori di Paolo al sindaco di Brescia, è stata tratta dal sito quibrescia.it, aggiornamento del 14 dicembre 2009.
I genitori di Paolo: "Caro Paroli, sostenga nostro figlio"
Egregio sindaco Adriano Paroli,
siamo i genitori di Paolo Scaroni, il tifoso del Brescia ridotto in fin di vita a Verona il 24 Settembre 2005 dopo una partita di campionato della Leonessa.
Le scriviamo dopo tanto tempo perché non sappiamo più cosa fare affinché nostro figlio abbia giustizia. Per quattro anni siamo restati in un silenzio educato ad aspettare che qualcuno si interessasse veramente di questa triste vicenda. Per tanto tempo ci siamo illusi che qualcuno andasse fino in fondo ed aprisse finalmente il processo nei confronti dei carnefici di Paolo.
Noi non ci siamo mai arresi, ma la nostra pazienza e, soprattutto, la nostra fiducia non hanno ancora avuto la giusta risposta.
Notizia degli ultimi giorni è l'ennesima richiesta d'archiviazione del caso, questo nonostante siano state provate delle responsabilità precise: nessuna di queste conduce naturalmente ai tifosi del Brescia né tanto meno a quelli del Verona, sebbene le prime dichiarazioni del Questore veronese di allora, smentite categoricamente dal referto medico ufficiale (quindi gravissime), avessero gettato ombre su tutti tranne che sui veri responsabili.
Ora, non spetta certo a noi giudicare e condannare delle persone che, fino a prova contraria, potrebbero essere innocenti (ci riferiamo ovviamente agli agenti del reparto celere in servizio quel giorno nella stazione di Porta Nuova).
Non vogliamo nemmeno cercare un capro espiatorio come si è soliti fare nelle occasioni più tristi ed apparentemente senza via d'uscita.
Semplicemente chiediamo che venga iniziato un processo e venga fatta piena luce su quanto avvenuto quel giorno.
Per Paolo, sì, ma anche per le centinaia di tifosi bresciani presenti quel giorno a Verona e scampati per mera fortuna a un destino che invece non ha risparmiato nostro figlio. Sia chiaro: noi non vogliamo pensare a Paolo come a una vittima sacrificale. Lui, nonostante tutto, non è morto, sebbene costretto a un'infermità permanente e oltremodo umiliante.
Ma ci piacerebbe capire perché certe persone riescano a comportarsi così meschinamente e, soprattutto, perché gli sia concesso il potere di togliere la vita impunemente, senza per questo subire nemmeno un giusto processo.
Solamente dopo averle interrogate, guardate negli occhi, ascoltate, forse potremo avere delle risposte e riprendere la nostra vita. Solamente dopo un doveroso e sacrosanto processo, appunto.
Egregio sindaco Paroli, noi siamo una famiglia molto credente e abbiamo pregato tanto per nostro figlio quando era in coma profondo. Abbiamo continuato a pregare anche durante tutto il periodo delle lunghe e dolorose terapie di riabilitazione, con la speranza che Paolo ritrovasse l'equilibrio necessario a vivere una vita quantomeno dignitosa e un po' di felicità.
Non tutte le nostre preghiere sono state esaudite. Ciò nonostante, continuiamo a pregare.
Egregio primo cittadino, come avrà certamente intuito, la nostra lettera è aperta ma non casuale. Infatti, ci siamo decisi a disturbarla solamente dopo averla vista sui giornali e in tv per la vicenda di Marco Zambelli (noi non vogliamo entrare in questo argomento e nemmeno dare dei giudizi affrettati, sebbene conosciamo molto bene i tifosi del Brescia e sappiamo altrettanto bene quanto hanno fatto per Paolo e per la loro squadra).
Il gesto che lei ha fatto per il giocatore del Brescia è sicuramente sincero e meritevole. Ma ci perdoni se abbiamo pensato anche un solo istante che nessun rappresentante delle istituzioni bresciane, a parte il Prefetto, al quale va la nostra immensa gratitudine, avesse mai fatto altrettanto nei confronti di Paolo in tutti questi anni.
Eppure nostro figlio ha subito qualcosa di inimmaginabile per un genitore e per una persona di fede, rischiando la vita suo malgrado per una passione incrollabile.
Oltretutto Paolo, che è prima di tutto un cittadino bresciano, è diventato davvero un esempio concreto per molti ragazzi non solo di Brescia.
Allora ci domandiamo: perché è stato ignorato fino ad oggi? Perché nessuno si fa carico di questa vicenda portandola agli onori della cronaca? Perché nessuno ha il coraggio di portagli la propria solidarietà pubblicamente e spontaneamente? Perché quando parliamo della sua vicenda molti s'imbarazzano e faticano a riconoscere le sue evidenti ragioni?
Egregio sindaco Paroli, pur non avendo mai avuto in passato un'alta opinione degli ultras, oggi dobbiamo ricrederci e siamo sicuri di una cosa: se davvero fossero stati gli ultras a ridurre Paolo in quello stato come inizialmente aveva denunciato il Questore di Verona, i colpevoli sarebbero già stati individuati, fermati e soprattutto processati; allo stesso tempo molti si sarebbero espressi pubblicamente e a più riprese, senza alcun timore.
Egregio sindaco, forse ai suoi occhi sembreremo presuntuosi e forse sfacciati, ma crediamo che nostro figlio meriti le stesse attenzioni e gli stessi onori di un comunissimo giocatore di calcio. Saremo pure degli illusi, ma crediamo ancora che qualcuno un giorno si faccia davvero carico della situazione di Paolo, spingendo affinché si giunga presto alla verità. La speranza è che questa persona sia un rappresentante bresciano.
Lei ha dato la sua solidarietà pubblicamente al signor Zambelli per il recente episodio di Reggio Calabria. Perché non ha mai dato la sua solidarietà a Paolo che è stato ridotto in fin di vita da alcuni poliziotti? Eppure Paolo le ha anche scritto un paio di mesi fa (non ha mai ricevuto alcuna risposta). Allora ci viene spontaneo rivolgerle una domanda: ma lei, onorevole Paroli, ritiene che nostro figlio sia un bresciano di serie B?
In ogni caso le auguriamo un buona giornata e ne approfittiamo per farLe gli auguri di buone feste.
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