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Lunghe soste per tanti anticipi-posticipi

02 - 01 - 2008

Tratto da "Stadio" del 02-01-2007, articolo di Stefano Chioffi.



E' giusto sospendere il campionato italiano per così tanto tempo?



Voglia di calcio la vera passione non va in ferie.



Un calendario compresso e asfissiante, fra campionato e coppe, rappresenta una delle perfide storture di un calcio sempre più irrazionale e meno rispettoso della passione della gente.
L'aspetto paradossale è che la legittima tutela dei diritti dei giocatori e delle loro ferie invernali vada a penalizzare in modo impietoso proprio i tifosi.
Si colpisce chi paga sempre e ci mette il cuore, in un particolare periodo dell'anno dominato dalle festività, in cui sarebbe più agevole per tutti assistere a qualche partita con la famiglia e i figli: tanti uffici e tante aziende riposano, le scuole si fermano, è più facile stare insieme e far conciliare gli impegni.
La lezione arriva dalla Premier League, così come dalla Nba: divertimento e spettacolo anche a Santo Stefano e a Capodanno, perché l'industria del business ha un vincolo sacro con i suoi spettatori. Chiudere gli stadi italiani per tre settimane, dal 23 dicembre al 12 gennaio, è l'ennesimo eccesso di un sistema che fatica a trovare un punto di equilibrio.
Da un lato, chi governa il calcio si preoccupa di mandare in letargo i suoi protagonisti da Natale all'Epifania; dall'altro pretende che la gente trovi la maniera di andare allo stadio anche di mercoledì per un turno di campionato o di Coppa Italia, nonostante gli orari di lavoro costituiscano un pesante handicap.
Ventuno giorni di stop sembrano una goffa compensazione, una sorta di risarcimento, nei confronti dei calciatori che lamentano giustamente - i ritmi massacranti di un pallone robotizzato: una lunga pausa che viene poi riempita e sfruttata dai club con ricche tournée.
Ma chi tutela i tifosi?

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