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Omicidio Sandri: parla Spaccarotella

30 - 09 - 2008

L'agente di polizia Luigi Spaccarotella, che l'11 settembre 2007 uccise Gabriele Sandri sull'autostrada A1, ha rilasciato un'intervista all'Ansa. Dopo tanto silenzio e dopo non essersi neppure presentato alla prima udienza del processo in cui è imputato (poi rinviata), ha parlato dei famigliari del giovane a cui ha sparato: "Ho ucciso il loro figlio: dire che mi dispiace, che non volevo, non può essere sufficiente. Vorrei incontrarli, anche se so che non sarebbe facile".
Una richiesta di perdono? No, l'agente Spaccarotella respinge le accuse: "Correvo - racconta l'agente - il colpo è partito accidentalmente, poi è stato deviato. Non ho mirato all'auto: come si può pensare che abbia voluto uccidere qualcuno? Voglio pagare per quel che ho fatto, ma pensare che sia stato un omicidio volontario è troppo". L'opposto di quello che affermano i testimoni che, quel giorno, erano presenti sul luogo del delitto. L'opposto di quello che credono i genitori di Gabriele, alla luce delle dichiarazioni di tali testimoni.
"Quel maledetto 11 novembre - ha continuato Spaccarotella - è morta anche una parte di me. Pochi giorni dopo chiesi al vescovo di Arezzo di far arrivare ai Sandri il mio cordoglio. Lui si mise in contatto con persone vicine alla famiglia di Gabriele ma, non so perché, gli fu risposto che i tempi non erano maturi". Spaccarotella dice di non comprendere perché i "tempi non erano maturi". Forse non erano maturi perché per accettare il cordoglio di una persona (quando questa ti ha ucciso un tuo caro) bisogna credere che sia sincero.
"Rimettermi la divisa, quando sono tornato al lavoro, non è stato facile" ha affermato l'agente Spaccarotella. Sì perché Spaccarotella non è mai finito dentro, nonostante le testimonianze. Anzi, ha ripreso a lavorare per lo Stato. Tolleranza zero?

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