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Stadiopoli alla parmigiana? No grazie

05 - 05 - 2009

Ieri sera a "Bar Sport", su TV Parma, era presente Roberto Ghiretti, assessore del Comune di Parma alle Politiche per le Attività motorie e sportive. Ghiretti, da qualche mese, ha sostituito in tale ruolo Vittorio Adorni.
La presenza dell'assessore allo Sport per il Comune, in una trasmissione televisiva dedicata prevalentemente al Parma Calcio e a pochi giorni dalla partita con il Pisa, ha illuso molti di noi, facendoci ritenere che potesse annunciare (finalmente) l'apertura di tutti i settori del Tardini, in vista delle due ultime partite casalinghe di campionato. Due sfide decisive per puntare alla promozione, che dovremmo affrontare con più tifosi gialloblù possibile e che sarebbe bello far vivere a tutti i parmigiani che lo desiderano. Niente di tutto questo. Ormai, per altro, è una consuetudine: politici ed istituzioni non danno, prendono. Così l'Assessore non parla di restituire alla città e alla tifoseria lo stadio comunale nella sua interezza, ma di chiuderlo e trasferirlo in campagna. Magari: sui terreni di Pizzarotti a Baganzola? Probabile.
La tesi sostenuta dall'Assessore è che tra dieci anni "il 90% delle squadre di Serie A avrà un proprio stadio", che servirà a generare risorse per il club di proprietà e che se vorremo "mantenere la Serie A" dovremo fare lo stesso, così come sta facendo la Juventus (che ha abbattuto il Delle Alpi per fare un nuovo stadio). Premesso che per generare risorse non è necessario privatizzare gli stadi, e che prima di parlare di mantenere la Serie A sarebbe meglio adoprarsi per cercare di raggiungerla, dovremmo fare come fa la Juventus SpA? Tale società non ci sembra un esempio da citare ne tanto meno da seguire, anche per quanto riguarda l'abbattimento del Delle Alpi (costruito soli 18 anni prima: siamo agli stadi usa e getta) e la costruzione del nuovo stadio, operazioni politiche e finanziare a danno della collettività, volte a realizzare uno stadio dalla vocazione economicamente elitaria e non popolare (al riguardo vi invitiamo a leggere il nostro articolo: "Stadiopoli: Delle Alpi (Torino)").
Anche di là di tutto questo (che però non è certo secondario) è assurdo ipotizzare per Parma e Juventus le stesse strategie economiche. Il Parma ha tifosi prevalentemente nella nostra città, la Juventus li ha in tutt'Italia e in tutto il mondo; la Juventus ha milioni di tifosi e ha alle spalle il più grande colosso industriale del Paese, il Parma no.
A Parma: trasferire lo stadio da una zona centrale della città a Baganzola, non è certo nell'interesse della città, dei tifosi e del Parma Calcio.
Lo stadio dev'essere patrimonio della comunità, perché la deve rappresentare ed ospitare, e dev'essere dedicato allo sport e allo stare insieme. Avversiamo l'idea di snaturarlo con centri commerciali e altre strutture aliene e di privatizzarlo, soprattutto "all'italiana", ovvero: sperperando soldi pubblici per far arricchire i potenti (proprio come sta accadendo a Torino per il nuovo stadio della Juventus).
Si parla di stadi privati per finanziare i clubs italiani, sul modello del calcio inglese. Ma i clubs inglesi hanno i conti gravemente in rosso, segno che il loro "modello" non funziona bene neppure a casa loro. Non parliamo poi dei prezzi dei biglietti, che rendono lo stadio un lusso per pochi.
Costruire uno stadio ha una spesa veramente molto elevata. In Inghilterra alcuni clubs (ovviamente i più grandi, quelli popolari in tutto il Paese e che hanno supporters televisivi in tutto il mondo) si sono dotati di impianti nuovi, ma grazie all'arrivo di capitali esteri (russi, arabi, americani, ucraini). Perché in Inghilterra, se non altro, non si gettano soldi pubblici nelle speculazioni dei privati. Ciononostante tali società hanno un fortissimo indebitamento e qualora gli investitori esteri dovessero abbandonare la "ricca" Premier, questa sarebbe immediatamente al collasso.
Sono queste le "ricette" che dovremmo seguire? Crediamo proprio di no.
Lo stadio Tardini sorge su una grande area nel cuore di Parma, che fa gola a tanti speculatori. Ma è un patrimonio di tutta la nostra collettività, che non può essere sacrificato per arricchire qualcuno.
Il Palasport sta andando in malora, l'Europeo di baseball sarà abbattuto, lo stadio di rugby è stato parzialmente demolito. Adesso anche il Tardini? A Parma c'è posto solo per banche, nuove palazzine dai prezzi impossibili e un inceneritore?
Se il Parma Calcio (e il discorso vale per tutti i club) ha necessità di aprire altre attività (di qualsiasi tipo) per generare risorse, può già farlo in qualsiasi altro punto della città, anche nelle zone limitrofe allo stadio. Non c'è necessità di radere al suolo l'area Tardini e costruire un nuovo stadio in campagna. La speculazione non può avere questo alibi.
Chi si occupa di Sport per il Comune non dovrebbe parlare di ruspe e mattone: ma di calcio e comunità. Invece: cambiano i personaggi ma non le politiche. Così come non cambia l'atteggiamento dei giornalisti locali. Tra i presenti in studio ieri sera: neppure uno ha osato contraddire le parole dell'Assessore, o porgli domande "scomode". Solo un tifoso (dalla platea - i tifosi non siedono al tavolo principale, riservato a tutti gli altri) ha dichiarato la sua contrarietà.
Per quanto riguarda il Tardini: ci si attivi immediatamente per riaprire tutti i settori (chiusi da inizio campionato) e per la manutenzione di cui ha bisogno, visto che è chiaramente in stato di abbandono. O forse tutto questo è funzionale a supportare la tesi che è meglio costruire uno nuovo fuori Parma?

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