Parma-Inter 18-05-2008. Non dimentichiamo
29 - 01 - 2010
Di seguito pubblichiamo un capitolo del dossier "Parma venduta", relativo ai fatti a margine di Parma-Inter del 18 maggio 2008. Tale dossier, scritto da ragazzi della Curva Nord "Matteo Bagnaresi" di Parma nei giorni immediatamente successivi ai fatti, è servito a preparare la difesa dei BOYS colpiti dalla repressione.
NB: nel testo sono presenti sigle all'interno di parentesi, fanno riferimento a documenti allegati presenti nella versione cartacea del dossier. I link ipertestuali sono stati dai noi aggiunti per il sito internet.
Analisi critica
(pagine 19, 20 e 21 di "Parma venduta")
Obbiettivo della città doveva essere quello di adoprarsi per mantenere il Parma Fc (come simbolo della medesima) in Serie A. Un compito, quindi, che non doveva interessare soltanto gli ultras e i tifosi del sodalizio ducale, ma tutta la comunità.
I Boys, vale a dire il Gruppo ultras locale, si sono spesi in vari modi per cercare di sensibilizzare l'opinione pubblica alla causa crociata. Hanno ideato ed organizzato iniziative, e le hanno pubblicizzate in ogni modo possibile (su internet, sulla carta stampata, in tv, e con vari striscioni), ottenendo un'ottima visibilità. Addirittura: la prima pagina della Gazzetta di Parma, uno spot ad hoc (ripetuto varie volte) sulla principale emittente televisiva locale, e striscioni sulle maggiori vie di comunicazione cittadine. Un lavoro importante, che sicuramente sarebbe stato premiato da una grande partecipazione popolare in merito a quanto proposto. Iniziative, sottolineiamo, di supporto e stimolo alla squadra crociata e che (parallelamente) dovevano incutere timore e disagio in quella avversaria (l'Inter). Tutto affinché il Parma Fc potesse rimanere in massima serie.
La prima iniziativa, quella per cui i Boys avevano dato appuntamento alle ore 13:00 al Tardini, prevedeva di salutare l'arrivo del pullman dei giocatori crociati, tributandogli quel calore e quel supporto che si sperava potessero condurli alla vittoria. Viceversa, il pullman nerazzurro sarebbe stato accolto da bordate di fischi, costretto a transitare in mezzo ai colori del Ducato. Un modo per intimidire gli avversari, per cercare di minare la loro sicurezza, per fargli capire che avrebbero giocato in trasferta, e che avevano contro un'intera città. Bella l'idea. Pregevoli gli sforzi e l'impegno dei Boys.
Peccato, però, che le cose non siano andate affatto così. Prefettura di Parma e Questura di Parma, con il loro operato, hanno boicottato tali iniziative. E davanti allo stadio Tardini di Parma c'è stata sì un'adunata, ma nerazzurra, non parmigiana.
Scarpis, che come prefetto di Parma è responsabile dell'ordine e della sicurezza pubblica nella nostra provincia, ha difeso le sue scelte (20c) anche di fronte ai fatti. Scelte di cui i Boys, prontamente (15f), avevano evidenziato le contraddizioni e avvertito dei problemi che avrebbero generato. Tant'è che invitavano le autorità a rivedere la loro decisione.
Lo Scarpis ha dichiarato di aver chiuso il settore ospiti del Tardini agli interisti per evitare che ultras romanisti potessero arrivare a Parma. Che collegamento ci sia tra i due fatti, completamente estranei l'uno dall'altro, è incomprensibile. Molto più comprensibile, e logico, che si sia presa tale decisione (sbagliata) per bilanciarne un'altra (altrettanto sbagliata): quella che chiudeva il settore ospiti di Catania ai romanisti. Tutto questo, però, è stato fatto sulla pelle di Parma. Probabilmente perché il Potere è altrove (magari a Milano e a Roma), ed è estraneo e indifferente alla nostra comunità.
Dire che Parma deve piegarsi alle minacce (tra l'altro poco credibili) di alcuni romanisti, e che migliaia di ultras e tifosi dell'Inter devono perdere il loro sacrosanto diritto ad entrare allo stadio per timore delle medesime, è ingiusto e oltremodo ridicolo. Ma quando lo Scarpis dichiara che non si è mai sognato di "bloccare questa città e di chiuderla all'arrivo dei tifosi da qualsiasi parte essi provenissero", che "alcuni interisti" sono "arrivati lo stesso e sono rimasti fuori dal Tardini" e che si tratta "di un diritto innegabile di ognuno di trasferirsi dove vuole nell'Italia di oggi", arriva al grottesco. Nell'Italia di oggi tutti dovrebbero essere liberi d'entrare allo stadio. E invece no.
I fatti dimostrano che è accaduto esattamente quello che avevano denunciato i Boys nel loro comunicato (15f) del giovedì "I nostri diritti e quelli degli ospiti". Ovvero, e citiamo letteralmente: "chiudere un settore ospiti, per poi regalare l'intera città agli interisti". Come se il Potere, scusandosi per la decisione che chiudeva il settore ospiti, volesse garantire ai milanesi nerazzurri il diritto alla festa. E l'impressione, per ciò che è accaduto davanti all'ingresso monumentale del Tardini, è proprio di una festa riservata, avvallata dalla Prefettura e garantita dalla Questura. Tutto a discapito di Parma e del Parma. Era lì che doveva radunarsi la tifoseria parmigiana, era lì che era stata invitata dai Boys , ed era lì che voleva dare una forte spinta alla squadra affinché conquistasse la salvezza. Niente di tutto questo. E il Parma è finito in B, insieme alla sua città.
Tanti tifosi, tanti parmigiani, hanno dato credito alle iniziative dei Boys, ritenendo che potessero essere utili o addirittura decisive nella lotta per mantenere il Parma Fc in Serie A. I media locali si sono adoprati per raccontarle, fino a promuoverle esplicitamente, ritenendole importanti per il raggiungimento di un obbiettivo che interessava (indipendentemente dalla fede calcistica) tutta la comunità locale. Ma se questo è vero, ovvero: se le iniziative promosse dai Boys avevano effettivamente la capacità di alterare il risultato del campo a favore dei crociati (e tanti parmigiani hanno dimostrato di crederlo), il fatto di averle (direttamente o indirettamente) boicottate fino a comprometterle (almeno in buona parte), avvallando addirittura quelle degli avversari (che avevano un obbiettivo chiaramente opposto), ha condizionato il risulto del campo a svantaggio dei crociati. Per cui, mentre i Boys, i tifosi del Parma e i parmigiani, cercavano di salvare la loro squadra per il bene della città, alcune autorità si schieravano contro. Segno evidente di obbiettivi e interessi non armonizzati a quelli della comunità. Forse perché certe autorità (residenti in loco, ma nominate altrove) ci sono estranee, per nascita, cultura e mentalità.
Gli incidenti attorno al Tardini sono una diretta conseguenza di scelte dissennate, quelle che i Boys avevano immediatamente contestato. C'era un solo posto dove i tifosi e gli ultras dell'Inter dovevano andare, il loro settore. Viceversa gli si è impedito di vedere la partita, ma poi gli si è dato potere su tutta la città. Addirittura la possibilità di invadere l'antistadio, i luoghi tradizionalmente destinati alla tifoseria di casa, il terreno di gioco, fino ad asportare il manto erboso.
Possibile che gli ultras abbiano più competenza di Prefettura e Questura nella gestione dell'ordine pubblico a Parma? Difficile crederlo. Forse, semplicemente, hanno più a cuore il bene di questa città. O forse c'è anche dell'altro? Dinnanzi a situazioni che si ripetono sistematicamente nasce il dubbio di una vera e propria strategia della tensione, per cui si creano/permettono situazioni di scontro per poi parlare di stadio fuori Parma (e quindi di appalti milionari e di lottizzazioni in centro) e di repressione generalizzata.
Alcuni media hanno cercato di sfruttare alcuni avvenimenti come specchietti per le allodole, in particolare il ferimento di un agente (spacciato per grave) e la cosiddetta "devastazione" di un asilo nido. Il tutto per trasformare gli ultras in capri espiatori e alleggerire la posizione dei veri responsabili di una situazione pericolosa creata ad hoc (innanzitutto: l'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, la Prefettura e la Questura di Parma). In realtà l'agente ferito (si parlava inizialmente di "milza spappolata") ha avuto (in realtà) una semplice microlesione alla milza (rilevata solo grazie ad una TAC) e l'asilo nido ha mostrato danni solo ad alcune sue strutture esterne e al suo giardino. Situazioni spiacevoli ma generate da scelte sbagliate. L'ammassamento di migliaia di tifosi interisti davanti allo stadio, impedendogli di assistere ad una delle partite tra le più importanti della loro storia (che si stava svolgendo a pochi metri da loro), ha esasperato gli animi e creato tensione con le forze dell'ordine (gli uomini che fisicamente gli impedivano l'esercizio del loro diritto, talvolta anche con fare arrogante e provocatorio). Altresì l'ammassamento di migliaia di persone in luoghi non idonei (sprovvisti di servizi igienici e di rifugi dal maltempo) ha spinto qualcuno ad accedere abusivamente in strutture limitrofe (tra cui anche l'asilo nido di via Puccini). I Gruppi organizzati degli ultras nerazzurri (seppur non direttamente responsabili dell'accaduto) si sono immediatamente offerti di rifondere il Comune di Parma per i lievi danni alle strutture dell'asilo nido (20e), prendendo le distanze da chi compie inutili devastazioni. Molta meno umiltà l'ha dimostrata il prefetto Scarpis, che si è assolto prontamente da qualsiasi colpa, arrivando a definire le sue decisioni (dimostratesi sbagliate alla prova dei fatti) "sagge". Una prova di arroganza tipica di quel potere che non ha alcun contatto con la gente e la comunità. E addirittura: ha concluso parlando di denunce e daspo (Divieti di accesso alle manifestazioni sportive), con cui colpire ultras e tifosi. Che si voglia, alla fine, punire quei parmigiani che hanno lottato e combattuto per Parma? Che si voglia punire quegli ultras parmigiani che non accettano di farsi mettere i piedi in testa a casa propria?
Deprimenti sono state le dichiarazioni dei politici locali. Tanta retorica, con la solidarietà espressa agli eroici appartenenti alle forze dell'ordine e la richiesta di maggiore repressione per gli ultras, fino alla proposta - interessata - di creare uno stadio fuori città (opzione che farebbe felici molti speculatori e molti appaltatori). Nessuno, ma proprio nessuno, che ha osato criticare la dissennata gestione dell'ordine pubblico. Viceversa, centinaia di lettere a tutti i media locali, hanno contestato duramente l'operato di Prefettura e Questura. Segno evidente dell'abisso che regna tra comunità e chi dovrebbe rappresentarla.
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Da allora di tempo ne è passato, nessuno di chi doveva gestire l'ordine pubblico si è mai preso la responsabilità delle proprie scelte e delle conseguenze che hanno generato, anzi le hanno difese pubblicamente. Ma soprattutto hanno trovato un capo espiatorio su cui fare ricadere le colpe: i BOYS PARMA 1977. Ci hanno addossato tutte le colpe di quello che era successo, colpendo con la loro unica ed anticostituzionale arma, la diffida, sei ragazzi dei BOYS che da allora, chi per 3 e chi per 4 anni, devono passare le partite in caserma. Questi ragazzi non hanno grosse colpe, in alcuni casi le accuse sono davvero ridicole se non false, pagano il solo fatto di essere da molti anni all'interno del Gruppo o di essere più in vista degli altri, mettendoci la faccia e prendendosi le responsabilità delle azioni e della scelte dei BOYS. Ricordiamo che la diffida è una misura preventiva convalidata dal solo questore, e che le accuse che hanno montato ad un regolare processo cadrebbero subito. Ma questi ragazzi un processo non lo avranno mai, hanno invece da un anno e mezzo una condanna, che fino a questo momento li ha costretti a 136 firme in caserma, 138 con quelle di domenica, ragazzi che pagano la sola colpa di vivere con coerenza un ideale che dal 1977 si chiama BOYS.
LE DIFFIDE FINISCONO, GLI ULTRAS RESTANO.